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Nei boschi vicino a Cretaz e nei campi dei nonni maturavo il mio amore per la natura, il bisogno di selvatico e quell’abilità dell’istinto che distingue il contadino dal cittadino, il viaggiatore dal turista, la guida dal cliente.
Tutti nasciamo nudi e poi ci ricopriamo di abiti e maschere per adattarci a questa società. Ma se ripenso alla mia infanzia, so che si può vivere senza. Io l’ho fatto. Basta ignorare il futuro e perdersi nel presente. Vivere alla giornata come si faceva da bambini insieme alle rane, alle lucciole e alle cicale, parlare la lingua dei cani e delle volpi e immergersi nel fango; tornare indietro a catturare i gamberi di fiume abbagliandoli con la lanterna, guidare il trattore del nonno come un pilota di Formula uno, affrontare il temporale quando gli altri si chiudono nelle case, rincorrere il pallone nelle sere africane in cui la terra suda sotto i piedi. Tornare a casa affamati e stanchi, ma paghi e felici.
«Ti serve qualcosa?», chiedeva nonna mettendomi a dormire.
«No», rispondevo, perché avevo il mondo con me.Hervé Barmasse
Bello questo pezzo eh? L’ho rubato ieri su Facebook e ve l’ho incollato.
L’autunno si è fatto avanti, qui sulle cime che salutano Torino in lontananza, il freddo incombe e la neve pure. Le previsioni del tempo danno cielo limpido questa notte, là fuori c’è una luna enorme e una luce incredibile diversa dal solito.
Bisogna assolutamente andare.
Il Rocciamelone, con i suoi 3538 metri è la montagna più alta della Val di Susa. Io la conosco bene e almeno una volta l’anno mi prometto di salirci. Se il tempo lo consente, si può ammirare un’alba stupenda lassù in cima, se invece non lo consente, una volta arrivato su sarai avvolto da nebbia e vento. E questa seconda opzione, per quanto mi riguarda, è stata quella che mi si è presentata più frequentemente, purtroppo. Per quest’anno il buon periodo per poterci salire è ormai agli sgoccioli, dopodichè le montagne si coloreranno di neve e ghiaccio e io mi farò da parte che non è cosa mia.
Quest’ultima opportunità bisogna coglierla al volo. Questa volta voglio vivere in modo diverso questa montagna però. Voglio incontrare questa montagna guardandola con occhi nuovi.
Partiremo di notte, con il buio, con la montagna che dorme e arriveremo in cima in tempo per vedere l’alba.
Alle 03.00 in prossimità del Rifugio La Riposa, lasciamo l’auto e io, Albi e Matteo ci mettiamo in cammino. Un silenzio incredibile, fa molto freddo, sopra di noi una luna perfettamente tonda sembra un faro da stadio, è accecante.
Così accecante che non ci servono le torce, la luna illumina una buona parte di sentiero e per le zone in ombra ci pensano i nostri occhi che ormai, come gli occhi dei felini, hanno visibilità perfetta.
Il paesaggio intorno lascia senza fiato.
Nonostante sia notte fonda, il cielo è blu chiaro con qualche stella qua e la, in lontananza si vedono le cime delle montagne, tra tutte il Monviso, che spunta da un mare di nuvole che pare panna montata. Un tappeto infinito bianco, paffuto e morbidoso fa da pavimento al cielo. Lo stesso che si vede dagli aerei quando si va in vacanza e noi ce l’abbiamo lì, a pochi metri, in una splendida notte di ordinaria follia.
Fa freddo, davvero freddo, conviene sbrigarsi ad arrivare. L’ho fatta molte volte questa camminata e la conosco a memoria, ma di notte è così diversa, mancano i punti di riferimento, mancano i colori delle rocce e i segni bianco-rossi soliti a tracciare la via sono lingue di ombre che si mischiano con la terra. E poi c’è un silenzio diverso, quasi tetro mentre un branco di stambecchi ci osserva da lontano, riusciamo a vedere solo gli occhi illuminati nel buio, piccole biglie luminose come grandi lucciole della montagna.
Albi davanti, lui è il più esperto. Si è portato il parapendio e se il tempo gli concederà la grazia, domani si lancerà dal Rifugio La Riposa per atterrare a Bussoleno. E’ lui che mi ha portato sul Rocciamelone la prima volta,15 anni fa. Ed è bello e importante che ci sia anche lui stanotte.
Matteo ha un faro in testa che potrebbe illuminare tutta Collegno, ogni tanto la accende quando ci perdiamo. Perchè i sentieri si mischiano tra le rocce e ogni tanto abbandoniamo la traccia e ci troviamo in mezzo alla pietraia. Ma persa la via e poi ritrovata, piano piano si continua a salire. La luna è sempre lì incollata a noi mentre Venere ci sta dietro a far la guardia.
Venere guardaci le spalle fino a che non faccia luce. Fa così freddo che non riesco più a leggere l’ora dal mio Casio, fa così freddo che vorrei fermarmi a scattare qualche foto ma se voglio farlo, devo farlo in fretta, prima di trasformarmi in statua.
E piano piano si sale e piano piano la luna cala e piano piano il cielo si colora di rosso e il tappeto di nuvole di un colore che non hanno ancora inventato.E poi vediamo la vetta.E poi arriviamo in cima. E poi ci abbracciamo.
Sistemo la macchina fotografica, mi siedo su una roccia e attendo. Ho sonno, ogni tanto mi si chiudono gli occhi dalla stanchezza. Poi li riapro e mi sveglio davanti a questo paradiso e mi chiedo se sia davvero reale. Esiste davvero oppure sto sognando?
E il Sole, laggiù, proprio in fondo in fondo, come l’ultimo della fila si fa spazio sul Pianeta e si alza libero come un gabbiano.
E sale su a illuminarci. Albi mi chiede se ne è valsa la pena.
Fa così freddo quassù e ho fame e ho sete ma ho voglia di stare ancora seduto a guardare questo spettacolo.
Si, ne è valsa la pena.
Bisognerebbe spogliarsi nudi davanti a questa immensità, nudi davanti all’alba di questo nuovo giorno.
Il telecomando della macchina fotografica, appoggiato per terra, si è ghiacciato.
Forse conviene tenere la giacca e il culo al caldo, penso.
Che notte incredibile questa. Non so quando mi ricapiterà un cielo così e delle nuvole sotto di me così splendidamente modellate.
Meno male che un paio di foto le ho scattate, almeno mi ricorderanno quello che ho visto, io che ho la memoria corta.
Basta poco per essere felici.
E poi scendiamo di nuovo giù, ritrovo di nuovo quei sentieri che conosco a memoria e mi meraviglio di quanto eri diversa qualche ora fa. Eri un’altra montagna. Prima ho visto lo yin e ora incontro la yang.
Guardate il video qua sotto, che c’è quell’alba tanto decantata e capite un attimo di cosa stavo parlando.
Vai vai vai vai
Anonimo ha detto:
Per forza hai patito il freddo, ti sei messo seduto in cima al cucuzzolo della montagna con una magliettina a manica lunga presa in saldo al mercato di corso racconigi.
Un mare di nuvole, un cuore pieno di gioia, la musica della vita e un abbigliamento inadatto.
BdS
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beppegiuse ha detto:
Caro follower, se avessi visto il video a fine articolo avresti notato la giacca viola super tecnica! 🙂
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mfantuz ha detto:
Che spettacolo stupendo! Non ho mai avuto l’occasione di vederlo dal vivo. Complimenti!
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beppegiuse ha detto:
prendi il tempo per te stesso e fallo!! Ciao!
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mfantuz ha detto:
Ti ringrazio della risposta, non è questione di tempo, sono le gambe che non me lo consentono più, ma ho comunque ho avuto la fortuna di vedere cose bellissime in montagna. Grazie.
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beppegiuse ha detto:
Hai avuto il tuo tempo! Trova il modo di condividere i tuoi ricordi!
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mfantuz ha detto:
Hai ragione, dovrei condividere tutte le fotografie che ho fatto. Ho parecchie diapositive, perché sono passato tardi al digitale e la qualità della scansione che ho fatto non è sempre buona.
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adrianalibretti ha detto:
la montagna emoziona sempre! 🙂
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beppegiuse ha detto:
oh yes!!!!
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